Un mutuo può essere rinegoziato, modificandone le condizioni, anche senza il consenso della banca.

Prima del 2008 la rinegoziazione del mutuo dipendeva esclusivamente dal rapporto con la banca che non era obbligata a rivederne le condizioni. La rinegoziazione avviene con una scrittura privata anche non autenticata senza alcun passaggio dal notaio

Con la legge Tremonti e la convenzione tra ABI (Associazione Bancaria Italiana) e MEF (Ministero della Economia e delle Finanze) del 2008 la banca è obbligata a rinegoziare un mutuo secondo un ben preciso schema di rinegoziazione. Questa stabilisce che le banche sono obbligate ad offrire ai propri clienti sottoscrittori un mutuo a tasso variabile, la possibilità di rimodularlo in un mutuo a rata fissa ma a scadenza variabile, purché stipulato prima del 29 maggio 2008 e finalizzato all'acquisto, costruzione, ristrutturazione dell'abitazione principale. La rata fissa viene calcolata ai livelli dei tassi applicati nel 2006. Possono usufruire della rinegoziazione anche quei mutuatari che sono risultati inadempienti alla data del 28 maggio 2008 rispetto al pagamento di rate pregresse, a patto che non vi sia stata una risoluzione del contratto entro tale data.

La rinegoziazione deve essere richiesta entro i tre mesi successivi alla data del 29 agosto 2008, data entro la quale le banche devono presentare per iscritto alla loro clientela la proposta di di rimodulazione.

Accettata la proposta di rimodulazione della banca, la riduzione della rata del mutuo si produrrà dalla prima rata in scadenza successivamente al 1° gennaio 2009.

La logica della rinegoziazione prevista dalla convenzione è quella di stabilire una rata fissa di importo inferiore a quella attuale, perché calcolata secondo i tassi medi applicati nel 2006 calcolando a parte la differenza in avanzo o in disavanzo rispetto alle rate variabili del mutuo.

In pratica viene ridotto l'ammontare della rata allungando la durata del mutuo. La rimodulazione è uno strumento sicuramente utile per le banche, che comunque non subiscono nessun danno economico, ma generalmente non conveniente per il consumatore.